Quando frequentavo la 5° elementare, la mia maestra, Pasquina Tirone, mi ha fatto fare un tema a piacere. Tutto quello che ho raccontato è veramente accaduto. Mi sono solo permesso di dare una voce al sole, alla luna, al vento, alla pioggia, agli uccellini e ai magici alberi che fanno parte della mia vita.
Buona lettura
Claudio Botta
Buona lettura
Claudio Botta
Un bellissimo racconto
_ Qui al secondo piano, da questa finestra, vedevo la mia grande quercia, un albero meraviglioso, pieno di lucide e verdi chiome. Quell’albero era felice e grande era la sua gioia, perché sui bellissimi rami si appoggiavano con leggerezza tanti uccellini, che giocavano tra di loro, cinguettavano, saltavano e gioivano.
Poi, il sopraggiungere del crepuscolo indicava agli uccellini di tornare ai loro nidi. Il cinguettio si alzava, ed era come se dicessero: “ciao a domani, si, domani mattina anch’io ritorno, perché oggi mi sono divertito tantissimo!”.
Tutto ad un tratto l’albero si sentì solo con le stelle nel cielo e sembrava che non potesse sostenere tutto il peso della solitudine. Allora, la luna, per consolarlo, gli disse: “ti prego dormi, non essere triste, vedrai che domani loro torneranno”.
Disse l’albero: “si, si luna mia, ma sarei tanto felice di poterli ospitare anche di notte, coprirli con le mie chiome e coccolarli, facendogli sentire il mio amore”. La luna perciò rispose: “Non piangere albero mio, riposati e vedrai che domani verrà il sole”. Così l’albero si addormentò.
L’alba giunse rapidamente, facendo tornare a risplendere di nuovo il sole. L’albero si svegliò e il suo sorriso apparve attraverso le sue chiome e i suoi rami. L’albero era felice e cantava, quando ad un certo punto, a mezzogiorno, suonò la campanella della scuola, seguita da un boato, un frastuono enorme. “Cosa succede?” disse l’ albero. “Tra poco verranno tutti i bambini”, continuò tra sé e sé. Era l’ora di pranzo e ci sarebbe stata la ricreazione. I bambini erano felici e contenti di stare fuori e l’albero percepiva la loro gioia.
La campanella suonò ancora una volta e i bambini corsero in giardino verso l’albero, si presero per mano facendo un cerchio intorno ad esso e cantando: “giro giro tondo, quant’è bello il mondo, casca la terra (…)”.
Alla fine della filastrocca, i bambini si lasciarono cadere con la schiena appoggiata sull’erba e con i volti girati verso l’alto, guardando quelle stupende chiome, che a loro volta li riparavano dai raggi del sole. Era bello sentirli cantare.
Dopo, i bambini iniziarono a giocare a nascondino insieme all’albero. Il bambino si appoggiava a lui e cominciava a contare da uno a dieci, rendendo contento l’albero, che avrebbe voluto abbracciarlo.
Nell’osservare tutto questo, fratello sole disse: “oh, albero mio, come sei bello! I miei raggi scaldano il tuo cuore, accarezzandone i rami e le chiome”. E i bambini continuavano a cantare “giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra…”, rendendo sempre più felice quell’albero.
I bambini passavano da un gioco all’altro: “dai corriamo! Vince chi tocca per primo con la mano il tronco di quell’ albero.” Due bambini si misero a correre e l’albero desiderava che entrambi vincessero, anche se questo non sarebbe stato possibile. Poi, osservando il volto triste del secondo classificato diceva: “non essere triste, anche tu sei arrivato per primo!”.
Il terzo suono della campanella indicava la fine della ricreazione richiamando i bambini in classe e lasciando di nuovo solo l’albero. Ma prima che giungesse la solitudine, gli uccellini tornarono sui rami dicendo: “no, adesso tocca a noi giocare con te, non ti lasceremo solo”. Di li a poco, sarebbe arrivato il tramonto e il sole avrebbe salutato la quercia dicendogli: “non temere, domani sarò di nuovo con te”. Ma prima che il sole tramontasse, ci fu un cambiamento: il cielo si gonfiò e cominciarono a venire delle brutte e nere nuvole, portando con sé la pioggia.
In quel momento, in cuor mio pensavo: “ferma quelle nuvole, non voglio che scendano sul mio albero”, ma questo desiderio non poteva essere assecondato, perché tutto ciò era parte della natura. Il vento forte spostava i rami, mentre gli uccellini cantavano ancor di più, sballottati dal vento, da una parte all’altra, di qua e di là.
Poi, il vento disse: “perdonami albero se faccio cadere le tue foglie, non lo faccio apposta, ma sono il vento”. Gli uccellini, allora, cominciarono ad avere paura e si misero in silenzio, perché avevano capito che sarebbe arrivato un forte temporale. Intanto l’albero si lasciava trasportare dal vento, per evitare che i rami si spezzassero.
Come il vento si placò, incominciò a piovere, e la pioggia, cadendo, disse: “perdonami albero se ti bagno, ma tu hai bisogno della mia acqua per dissetarti”. L’albero rispose: “sai è vero, sono felice della tua acqua, perché mi disseti, però i bambini e gli uccellini non possono più giocare con me e questo mi dispiace”.
Dopo un po’ la pioggia si calmò, ma nel frattempo i miei uccellini, che amavo così tanto, se n’erano andati. Quando smise di piovere quell’albero disse: “grazie amico vento, che hai spettinato le mie chiome senza spezzarne i rami; grazie sorella pioggia, che hai dissetato il mio tronco; non avere paura e torna ancora! Però ti prego, torna la notte, affinché durante il giorno possano tornare i bambini e gli uccellini.
Ormai non so più rinunciare a loro, come non so rinunciare alla sorella luna che mi consola e al fratello sole che mi riscalda. Grazie agli uccellini che sono venuti a giocare con me, e ai bambini, che hanno cantato facendo il giro giro tondo e giocato a nascondino con me. Grazie Padre, che mi hai fatto nascere qui e che hai scelto questo posto magico per le mie radici.
Si, sorella luna, ora chiudo gli occhi e aspetto che il mio fratello sole porti la luce facendomi svegliare di nuovo”.
Questa storia è raccontata da un bambino, perché solo la sua innocenza lo rende possibile. Quel bambino, la notte, chiude gli occhi e pensa: “sai albero, oggi io non sono arrivato primo, però domani voglio farlo e vorrei che tu facessi il tifo per me: dai Claudio corri, arriva per primo !”.
Grazie agli uccellini, al sole e alla luna, al vento, alla pioggia e all’albero, che mi hanno consentito di scrivere questa storia, una storia vera, quello che i miei occhi hanno visto.
Grazie al mio migliore amico.
Poi, il sopraggiungere del crepuscolo indicava agli uccellini di tornare ai loro nidi. Il cinguettio si alzava, ed era come se dicessero: “ciao a domani, si, domani mattina anch’io ritorno, perché oggi mi sono divertito tantissimo!”.
Tutto ad un tratto l’albero si sentì solo con le stelle nel cielo e sembrava che non potesse sostenere tutto il peso della solitudine. Allora, la luna, per consolarlo, gli disse: “ti prego dormi, non essere triste, vedrai che domani loro torneranno”.
Disse l’albero: “si, si luna mia, ma sarei tanto felice di poterli ospitare anche di notte, coprirli con le mie chiome e coccolarli, facendogli sentire il mio amore”. La luna perciò rispose: “Non piangere albero mio, riposati e vedrai che domani verrà il sole”. Così l’albero si addormentò.
L’alba giunse rapidamente, facendo tornare a risplendere di nuovo il sole. L’albero si svegliò e il suo sorriso apparve attraverso le sue chiome e i suoi rami. L’albero era felice e cantava, quando ad un certo punto, a mezzogiorno, suonò la campanella della scuola, seguita da un boato, un frastuono enorme. “Cosa succede?” disse l’ albero. “Tra poco verranno tutti i bambini”, continuò tra sé e sé. Era l’ora di pranzo e ci sarebbe stata la ricreazione. I bambini erano felici e contenti di stare fuori e l’albero percepiva la loro gioia.
La campanella suonò ancora una volta e i bambini corsero in giardino verso l’albero, si presero per mano facendo un cerchio intorno ad esso e cantando: “giro giro tondo, quant’è bello il mondo, casca la terra (…)”.
Alla fine della filastrocca, i bambini si lasciarono cadere con la schiena appoggiata sull’erba e con i volti girati verso l’alto, guardando quelle stupende chiome, che a loro volta li riparavano dai raggi del sole. Era bello sentirli cantare.
Dopo, i bambini iniziarono a giocare a nascondino insieme all’albero. Il bambino si appoggiava a lui e cominciava a contare da uno a dieci, rendendo contento l’albero, che avrebbe voluto abbracciarlo.
Nell’osservare tutto questo, fratello sole disse: “oh, albero mio, come sei bello! I miei raggi scaldano il tuo cuore, accarezzandone i rami e le chiome”. E i bambini continuavano a cantare “giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra…”, rendendo sempre più felice quell’albero.
I bambini passavano da un gioco all’altro: “dai corriamo! Vince chi tocca per primo con la mano il tronco di quell’ albero.” Due bambini si misero a correre e l’albero desiderava che entrambi vincessero, anche se questo non sarebbe stato possibile. Poi, osservando il volto triste del secondo classificato diceva: “non essere triste, anche tu sei arrivato per primo!”.
Il terzo suono della campanella indicava la fine della ricreazione richiamando i bambini in classe e lasciando di nuovo solo l’albero. Ma prima che giungesse la solitudine, gli uccellini tornarono sui rami dicendo: “no, adesso tocca a noi giocare con te, non ti lasceremo solo”. Di li a poco, sarebbe arrivato il tramonto e il sole avrebbe salutato la quercia dicendogli: “non temere, domani sarò di nuovo con te”. Ma prima che il sole tramontasse, ci fu un cambiamento: il cielo si gonfiò e cominciarono a venire delle brutte e nere nuvole, portando con sé la pioggia.
In quel momento, in cuor mio pensavo: “ferma quelle nuvole, non voglio che scendano sul mio albero”, ma questo desiderio non poteva essere assecondato, perché tutto ciò era parte della natura. Il vento forte spostava i rami, mentre gli uccellini cantavano ancor di più, sballottati dal vento, da una parte all’altra, di qua e di là.
Poi, il vento disse: “perdonami albero se faccio cadere le tue foglie, non lo faccio apposta, ma sono il vento”. Gli uccellini, allora, cominciarono ad avere paura e si misero in silenzio, perché avevano capito che sarebbe arrivato un forte temporale. Intanto l’albero si lasciava trasportare dal vento, per evitare che i rami si spezzassero.
Come il vento si placò, incominciò a piovere, e la pioggia, cadendo, disse: “perdonami albero se ti bagno, ma tu hai bisogno della mia acqua per dissetarti”. L’albero rispose: “sai è vero, sono felice della tua acqua, perché mi disseti, però i bambini e gli uccellini non possono più giocare con me e questo mi dispiace”.
Dopo un po’ la pioggia si calmò, ma nel frattempo i miei uccellini, che amavo così tanto, se n’erano andati. Quando smise di piovere quell’albero disse: “grazie amico vento, che hai spettinato le mie chiome senza spezzarne i rami; grazie sorella pioggia, che hai dissetato il mio tronco; non avere paura e torna ancora! Però ti prego, torna la notte, affinché durante il giorno possano tornare i bambini e gli uccellini.
Ormai non so più rinunciare a loro, come non so rinunciare alla sorella luna che mi consola e al fratello sole che mi riscalda. Grazie agli uccellini che sono venuti a giocare con me, e ai bambini, che hanno cantato facendo il giro giro tondo e giocato a nascondino con me. Grazie Padre, che mi hai fatto nascere qui e che hai scelto questo posto magico per le mie radici.
Si, sorella luna, ora chiudo gli occhi e aspetto che il mio fratello sole porti la luce facendomi svegliare di nuovo”.
Questa storia è raccontata da un bambino, perché solo la sua innocenza lo rende possibile. Quel bambino, la notte, chiude gli occhi e pensa: “sai albero, oggi io non sono arrivato primo, però domani voglio farlo e vorrei che tu facessi il tifo per me: dai Claudio corri, arriva per primo !”.
Grazie agli uccellini, al sole e alla luna, al vento, alla pioggia e all’albero, che mi hanno consentito di scrivere questa storia, una storia vera, quello che i miei occhi hanno visto.
Grazie al mio migliore amico.